Noi e il Covid

La testimonianza di Giorgio


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L’emergenza da Coronavirus ha portato con sé una improvvisa e massiccia richiesta di materiali di protezione individuali (DPI) tale da richiedere ad alcune aziende come la nostra di riorganizzarsi internamente dal punto di vista del magazzino e della logistica. Per questo motivo, mi è stato richiesto di rivestire un nuovo ruolo, in aiuto ai colleghi della logistica sui quali stava ricadendo un lavoro intenso e del tutto insostenibile per le loro risorse, un ruolo che ho accettato molto volentieri. Mi sono ritrovato non più seduto alla scrivania, ma a dividermi tra magazzino e consegne nei territori in cui operiamo, senza mai perdere del tutto la mia abituale operatività all’interno dell’ufficio tecnico. Approfittavo proprio dei momenti in cui guidavo per parlare al telefono ed evadere le richieste pervenute. Prima del Covid-19 Punto Service grazie alla sua rete di fornitori non aveva mai dovuto organizzarsi con un magazzino in termini di stoccaggio, organizzazione e consegne, ma nel corso dell’emergenza siamo riusciti a creare una squadra interna che con grande soddisfazione personale ha messo in piedi una macchina operativa davvero efficiente. La merce arrivava in sede e in base alle reperibilità dei materiali e ai quantitativi racimolati, ci organizzavamo, in una corsa contro il tempo, per la consegna alle strutture. Sono stati giorni frenetici, dove guidavo in autostrade deserte, con il timore anche solo di fermarmi in autogrill e poter contrarre il virus (più che altro paura di poter contagiare così familiari e colleghi), giorni in cui emotivamente la vista di strade e paesi spettrali creava un senso di vuoto e straniamento perché sembrava di essere in un film post-apocalittico. La notte non riuscivo a riposare bene, mi svegliavo sempre dopo poche ore di sonno con il pensiero delle cose che il giorno dopo avrei dovuto fare nella mia corsa contro il tempo. Pensavo proprio alle persone che avrebbero ricevuto la merce, rivedevo mentalmente i loro volti. Focalizzandomi su di loro, gli sforzi e le difficoltà che vivevo si facevano meno duri. Addirittura un giorno, ad una consegna, mi hanno ringraziato dicendomi che eravamo degli angeli, ma io pensavo che gli angeli fossero proprio quelli che lavoravano dentro le strutture. Questo senso di gratitudine reciproco mi ha aiutato molto ad affrontare i giorni più tristi e a darmi la carica. A proposito di carica…io sono un patito del caffè al bar, mi piace tantissimo. Durante il lockdown non ne ho potuti bere, ed è stato particolarmente difficile. Ricorderò sempre il primo caffè assaporato dopo due mesi…il gusto pieno ed avvolgente, era squisito! Certamente quest’esperienza ci ha insegnato a dare più valore alle piccole gioie della vita, quelle che prima davamo per scontate.

Giorgio Iaria, 
impiegato

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