Noi e il Covid

La testimonianza di Polikseni


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Nelle ultime settimane, ogni volta che mi collegavo a Facebook, compariva sempre il logo di Punto Service con una storia legata all’esperienza Covid-19. Ciò mi ha portata a riflettere molto sulla mia esperienza e quella delle colleghe con le quali ho trascorso mesi di ansia, paura, preoccupazione, e ho deciso di condividerla con voi.
Nessuno vuole ricordare un brutto momento della sua vita, tantomeno se si tratta di una pandemia mondiale, ma farlo può essere importante se non altro per rafforzarci, forse perfino migliorarci. Io voglio farlo per dire: ce l’abbiamo fatta, anche se la strada è ancora lunga; per dire: il peggio è passato!
All’inizio arrivarono le prime notizie, le prime prevenzioni e procedure applicate anche nella nostra struttura, tra le nostre preghiere “ti prego non da noi, speriamo non capiti qui!”.
Invece a poco a poco ci siamo trovati con colleghi assenti perché con febbre, con ospiti che manifestavano i sintomi influenzali… noi dovevamo stare attente e soprattutto proteggere. Proteggere noi stesse, i nostri anziani, quella categoria così fragile e indifesa, e proteggere poi anche i nostri familiari. L’ambiente domestico era l’unico posto in cui dopo un lungo e devastante turno di lavoro, preoccupata per il futuro, potevo trovare un break, un pò di riposo. Lì dimenticavo per un attimo la lunga giornata di lavoro; i miei familiari erano sempre riuniti in casa per via del lock-down, mi aspettavano e mi chiedevano della mia giornata. Mi chiamavano “eroina della famiglia”, a me veniva da piangere perché nonostante fosse un periodo terribile, allo stesso tempo ho potuto gustare la mia famiglia per intero, con le ragazze a colorare, a fare torte e dolci e occupare tutta la cucina con le pentole.
Ma il giorno dopo tornavo al lavoro, con le colleghe ci raccontavamo la serata passata in famiglia, e poi ci tuffavamo di nuovo nella nostra quotidiana attività, tra la preoccupazione per la sorte di chi era stato colpito dal virus. Abbiamo cercato sempre di trasformare la preoccupazione in dedizione, facendo di tutto per non far sentire agli ospiti il peso di ciò che accadeva in quel momento, abbiamo fatto tutto il possibile per trasformare la preoccupazione in una missione dal lieto fine.
Ricordo la disperazione dei parenti che non potevano venire a trovare i propri cari, le loro paure per ciò che poteva succedere, e la sensazione di esser diventata un grosso punto di riferimento per famiglie e assistiti. Le videochiamate erano diventate l’unica via di comunicazione e un punto di contatto fra parenti e nonnini; nonostante lo sforzo lavorativo in aumento, quelle videochiamate erano l’unico modo per dimenticare anche solo per un attimo la minaccia che ci circondava fuori delle mura dell’edificio. Bardate com’eravamo con mascherina, occhiali, cuffietta, tutone, a volte i parenti ci riconoscevano dalla voce, altre volte no, ma ci siamo sentite dire spesso “Grazie per tutto quello che fate”. Questa frase senza dubbio alleggeriva molto quel peso che portavamo ogni giorno, ci regalava un sorriso (sotto la mascherina) in quelle giornate così buie!
Ricordo tutto questo, le mie colleghe ricordano, tutti ricordiamo. Ma un’altra cosa che ci dobbiamo ricordare è che la forza del pensiero umano, la forza dell’umanità, il rispetto per il prossimo, l’amore per il proprio lavoro messi insieme combattono ogni virus e ci rendono più forti, più immuni, più umani!

Polikseni Caushi, 
operatrice socio sanitaria

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